Ricercatori e produttori s’incontrano alla stessa “tavola” per parlare d’innovazione nel mondo dell’agroalimentare. “Buoni e crudi: formaggi e birre artigianali in Sardegna” è il focus, curato dall’antropologa culturale Alessandra Guigoni, che apre il pomeriggio della prima giornata del Festival Smart Cityness: un confronto che mette in luce opportunità, problematiche e soluzioni possibili per innovare l’artigianato, preservare il valore della tradizione e garantire la qualità nella produzione dei prodotti locali, partendo da un’analisi delle eccellenze del nostro territorio: dal vino alla birra, dal pane ai formaggi.
Qual è la differenza tra una birra industriale e quella artigianale ?
«È come chiedere che differenza c’è tra una 500 e Ferrari»
Chi meglio di Nicola Perra del Birrificio Barley ci può spiegare questa differenza sostanziale. Un birrificio che da dieci anni ha l’obiettivo di produrre birra artigianale fuori dai normali canoni. La loro filosofia è quella di non seguire le mode del momento, alla ricerca di una qualità esclusiva e riconoscibile. Creatori-artigiani di uno stile nuovo e riconosciuto a livello internazionale. Capi fila di un Italian style che, grazie a loro, per la prima volta viene identificato in una categoria birraria. Tutto parte da una volontà forte di creare una birra che abbia una caratterizzazione importante sul mercato, volontà che si riflette nella produzione e nella lavorazione di una birra non pastorizzata non filtrata, che richiede dai 2 agli 8 mesi di lavoro prima di poter essere gustata in tutta la sua qualità. Sono birre che sfruttano anche i prodotti del territorio, come il miele, creando (connessioni) con le altre produzioni territoriali.
Negli ultimi cinque anni c’è stata una evoluzione schizofrenica dei birrifici e della produzione di birre, dagli 80/90 birrifici e 300 birre in Italia, adesso se ne contano 30 solo in Sardegna e più di 1000 i birrifici in Italia. Con l’industrializzazione e i suoi ritmi frenetici si rischia di perdere di vista la qualità, si perde identità «quando si vuole produrre con una certa fretta» sostiene Nicola, che può vantare la proprietà di “solo”14 birre, tutte diverse, tutte con un senso, tutte pensate e strutturate nel mercato perchè «Una birra artigianale deve avere il tempo di essere conosciuta nel mercato per essere ri-conosciuta e conquistarsi la sua identità».
L’aumento di produzione artigianale di birra, ha stimolato la ricerca, come quella di Luca Pretti; ricercatore di Porto Conte Ricerche, iniziata proprio con una telefonata a Nicola. La ricerca deve avere un forte legame con le imprese, per poter essere in linea con I desideri dei produttori. «Spesso si pensa alla birra in Sardegna come tante piccole ichnusa, ma il mondo delle birre è tutt’altro». C’è tanta sperimentazione in Sardegna, una sperimentazione che parte dallo studio delle materie prime «perché I malti non sono tutti uguali» e la qualità delle birre cambia, se cambiano i prodotti con cui si produce e in Sardegna nascono oggi realtà sperimentali importanti:
– Un Luppoletto dimostrativo in Sardegna ad Orosei
– Scantinati dove la birra viene bevuta nel posto in cui si produce, perché il consumatore è alla ricerca delle peculiarità
– Birre Glutein Free e con il miele
Sono tutte esperienze che confermano come sia possibile fare qualità con la sperimentazione, una qualità che incontra il gusto dei consumatori. È proprio sul consumatore che bisogna porre attenzione, secondo Stefano Mameli, Segretario di Confartigianato Sardegna, per cercare di veicolare un messaggio chiaro. Rispetto ad altri prodotti, dove c’è più consapevolezza, per quanto riguarda la birra, bisogna andare alla ricerca del significato autentico di “Artigiani della qualità”. Dare un marchio regionale alle birre vuol dire pretendere certe caratteristiche. Questa è una strada che può essere percorsa anche in Sardegna?
Creare un marchio non è una passeggiata, occorre disciplinare, monitorare, rispettare le regole. La proposta di legge alla regione è stata fatta e anche se le vedute, nel mondo dei birrifici, sono spesso diverse, per garantire tutela ai consumatori e alle imprese artigiane, è necessario fare uno sforzo e creare una rete forte e collaborativa.
Sperimentare è l’unica via per mettere in moto una reazione a catena di economia integrata.
Ed è proprio in questa scia d’integrazione che si inserisce la testimonianza di un’altra delle eccellenze della produzione sarda, è il caso del caseificio di Maria Atzeni, produttrice di prodotti caseari; un caseificio “piccolino” che rispecchia la lavorazione tradizionale, ma in che senso? Lavorando il latte crudo e conservando tutte le qualità del latte. L’obiettivo è valorizzare i prodotti delle aziende agricole, rispettando la tradizione. Anche la produzione casearia ha incuriosito il mondo della ricerca, rappresentato da Sebastiano Banni, Professore ordinario Università degli Studi di Cagliari – Dipartimento Scienze Biomediche, impegnato in una ricerca sul CLA, una molecola prodotta dagli animali che mangiano erba fresca e che ha un impatto nutrizionale sul metabolismo.
Abbiamo analizzato il cibo da molti punti di vista, dalla produzione alla ricerca, senza tralasciare le esperienze imprenditoriali, come quella delle due Startup che operano nel mondo dell’agroalimentare in Sardegna, rappresentate da Carlo Piga di Smart Sensory Box un sistema d’analisi sensoriale capace di aiutare il consumatore a riconoscere i prodotti buoni da quelli non buoni affidandosi ai 5 sensi.
Chiedere il parere dei consumatori con metodi standardizzati permette l’elaborazione statistica de dati. Da tanti giudizi soggettivi si può trarre un giudizio oggettivo.
Federico Puddu di A+, startup preincubata all’università di sassari. Il loro progetto si inserisce in un contesto agricolo scoraggiante dove le tipicità agroalimentari si stanno perdendo e il consumatore ha bisogno di informazioni, A+ è una piattaforma web dove i produttori hanno la capacità di iscriversi, commercializzare i propri prodotti e farsi conoscere ai consumatori. Una speranza per i produttori locali.
Dal tavolo di discussione, la serata si trasferisce in terrazza, al tavolo della degustazione, per concludere la prima intensa giornata del Festival con la food experience accompagnata dal dj set di Baruch.